Charles Whitman
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Successivamente, nella tarda mattinata, si reca
all'Università del Texas e, confondendosi con gli studenti si introduce nella
"torre dell'Università" con tutto l'equipaggiamento preparato in
precedenza e contenuto in alcune borse. Arrivato in cima, al ventottesimo piano
dove si trova una terrazza panoramica, uccide la receptionist colpendola alla
testa con una sbarra di ferro ed alle 11.45 comincia a sparare sulla folla
sottostante.
Nei 96 minuti successivi Whitman esplode 46 colpi di fucile,
tutti a segno. Uccide 16 persone e ne ferisce 30 fino a quando, intorno alle
13.30, due poliziotti, Houston McCoy e Ramiro Martinez, riescono a penetrare
nella terrazza, sorprendendo l'omicida alle spalle ed uccidendolo con due colpi
alla nuca.
Ecco il testo della lettera, scritta metà a macchina e metà a mano, trovata accanto ai cadaveri di
mamma e moglie:
"Non so cosa mi spinga a battere a macchina questa
lettera ma sento il bisogno di spiegare, se pure in maniera vaga, le mie
azioni. Ultimamente non riesco a capire me stesso. Ho sempre pensato di essere
un giovane ragionevole ed intelligente, nella media. Tuttavia, nell’ultimo
periodo (non so dire con esattezza quando è cominciato) sono stato vittima di
pensieri irrazionali. Questi pensieri ricorrono costantemente, non mi fanno
concentrare. In marzo i miei genitori hanno divorziato e per me è stato un
duro, stavo male. Ho consultato il Dottor Cochrum del centro di salute
dell'università, e gli ho chiesto di suggerirmi qualche suo collega per una
consulenza sui disordini psichiatrici che pensavo di avere. Ho discusso con lui
per circa due ore e gli ho parlato dei miei impulsi violenti. Dopo
quell'incontro, però, il medico non mi ha più ricevuto e da allora combatto da
solo la mia agitazione mentale, invano. Dopo la mia morte desidero che sia
effettuata un'autopsia per verificare se sia presente qualcosa di anomalo e
visibile nel mio cervello. Soffro di emicranie fortissime e negli ultimi tre
mesi ho consumato due bottiglie di Excedrin.
Dopo molte riflessioni ho deciso uccidere mia moglie, Kathy.
Non trovo alcun motivo razionale per questo mio impulso. Forse è egoismo, o
forse non voglio metterla in imbarazzo per ciò che ho intenzione di fare. (…)
Intendo ucciderla nel modo meno doloroso possibile.
Ucciderò anche mia madre, per motivi simili. Quella povera
donna non si è mai goduta la vita. Ha sposato un uomo troppo possessivo. Era
giovane, semplice…"
"Mio padre l'ha sempre fatta vivere al di sotto delle
sue possibilità e inoltre la picchiava…”
Se la mia
assicurazione sulla vita è valida, verificate che tutti gli assegni a vuoto che
ho compilato questa settimana siano compensati. Pagate i miei debiti. (…)
Quello che avanzerà donatelo, in via anonima, a una
fondazione per la salute mentale. Forse la ricerca potrà impedire ulteriori
tragedie di questo tipo.
Charles J. Whitman".
Incredibilmente viene fuori che Whitman aveva ragione:
l’autopsia rivela un tumore grosso come una noce nel sistema limbico, la zona
del cervello che controlla le emozioni. Si tratta di un glioblastoma multiforme
che si sviluppa nell’emisfero cerebrale destro, partendo dal talamo,
infiltrando l’ipotalamo ed estendendosi nel lobo temporale fino a comprimere
una struttura molto particolare che prende il nome di amigdala.
L’amigdala è il nucleo che tinge l’esperienza di emozione
prima che questa giunga alla corteccia. Ogni cosa di cui ci rendiamo conto è
stata prima colorata dall’amigdala in un processo del tutto inconsapevole. Non
abbiamo nessun controllo sulle emozioni che sono scatenate da questo nucleo
cerebrale. In termini più precisi diremmo che l’interpretazione emotiva precede
e influenza quella cognitiva-razionale. In termini più evocativi diremmo che
l’animale precede e influenza l’uomo. L’amigdala, in definitiva, è l’organo
emozionale che prevarica il lobo prefrontale in cui ha sede la razionalità
mettendolo molto spesso a suo servizio.
Gli animali a cui viene resecata l’amigdala perdono ogni
impulso a competere o cooperare e non provano più rabbia né paura.
Nell’uomo, la stimolazione elettrica dell’amigdala provoca
un forte stato di paura che persiste per molto tempo anche dopo la cessazione
dello stimolo e il tumore di Whitman era in una posizione tale da agire come
uno stimolatore costante dell’amigdala
Ma allora Charles Whitman è responsabile per ciò che ha
fatto? Possiamo considerarlo colpevole sapendo che una causa fisica lo rendeva
incessantemente arrabbiato e impaurito? Sapendo che aveva chiesto aiuto, che
aveva tentato in tutti i modi di resistere a quegli impulsi?
Un tumore di quel tipo in quella particolare posizione,
nella struttura cerebrale di Whitman non poteva che produrre quel
comportamento. Il vero assassino, dunque, è un cumulo di cellule neoplastiche
senza il quale Whitman avrebbe continuato a essere una persona normale.
E se Whitman fosse solo la punta dell’iceberg? In questo
caso non abbiamo troppe difficoltà ad affermare che una causa fisica ha
scatenato un comportamento umano perché abbiamo la tecnologia per riconoscere
un tumore e sappiamo che tipo di danno può provocare. Ma non potrebbe darsi che ogni comportamento
umano sia determinato da cause fisiche che non siamo ancora in grado di
individuare?
Quando decido di prendere un caffè, esercito il mio libero
arbitrio o rispondo a una serie di stimolazioni elettromeccaniche sulle quali
non ho alcun controllo? Certo, la sensazione è quella di essere parte attiva, mi
sento l’autore delle mie azioni, ma se fosse solo un’illusione? In pratica siamo
padroni o burattini di noi stessi?
Il caso Whitman non è il solo che testimonia l’infondatezza
del concetto filosofico di libero arbitrio (in questo articolo del Post ne sono citati almeno altri quattro); e il tumore non è la sola causa fisica capace di guidare un comportamento
umano: ci sono gli psicofarmaci, l’alcol, le droghe ma anche stati d’animo
molto forti come l’esasperazione, per esempio.
Negli ultimi decenni i rapidi progressi compiuti nel campo
delle scienze cognitive, della neuroradiologia e delle neuroscienze in genere hanno
mostrato come le reti stesse su cui “viaggiano” gli impulsi nervosi siano
determinate sia dal nostro corredo genetico sia dall'ambiente in cui si
sviluppano. Sappiamo inoltre che a ogni regolazione dei livelli di certi
neurotrasmettitori, enzimi e ormoni può corrispondere un diverso comportamento
umano: è un fenomeno facilmente osservabile, appunto, in caso di assunzione di
determinate sostanze come alcolici, stupefacenti e psicofarmaci.
Sam Harris |
In definitiva: non esiste alcun dubbio, nell’elite culturale
mondiale, sul fatto che il libero arbitrio sia una nozione fasulla; il dibattito
riguarda solo l’opportunità di farlo sapere alla gente o meno. Alcuni sostengono
che le persone, private del concetto di responsabilità, tenderebbero a
comportarsi in maniera negativa e antisociale; per altri invece non cambierebbe
nulla. Per altri ancora sarebbe addirittura meglio e il più accanito
sostenitore di questa tesi è il neuroscienziato e scrittore americano Sam
Harris.
E a noi cosa rimane da dire?
Non abbiamo colpa delle nostre colpe, ma neanche merito dei nostri meriti.
Siamo solo particelle che reagiscono all'ambiente illudendoci di essere artefici del nostro destino.
L'unica colpa vera di cui potremmo macchiarci è di chiudere gli occhi davanti a questa realtà e l'unico merito che potremmo acquisire è quello di renderci conto di essere gocce in un mare sterminato e bellissimo.
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