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martedì 16 agosto 2016

Un Tumore Nella Mente Del Killer


Charles Whitman
1º agosto 1966, poco dopo la mezzanotte, un tizio di nome Charles Whitman si alza, va nel letto dove dormiva sua madre e la strangola con un tubo di gomma. Poi torna in camera, si avvicina alla moglie addormentata e le da 5 coltellate. Accanto ai due cadaveri lascia una lettera scritta il giorno prima in cui si autoaccusa del duplice delitto. 
Successivamente, nella tarda mattinata, si reca all'Università del Texas e, confondendosi con gli studenti si introduce nella "torre dell'Università" con tutto l'equipaggiamento preparato in precedenza e contenuto in alcune borse. Arrivato in cima, al ventottesimo piano dove si trova una terrazza panoramica, uccide la receptionist colpendola alla testa con una sbarra di ferro ed alle 11.45 comincia a sparare sulla folla sottostante.
Nei 96 minuti successivi Whitman esplode 46 colpi di fucile, tutti a segno. Uccide 16 persone e ne ferisce 30 fino a quando, intorno alle 13.30, due poliziotti, Houston McCoy e Ramiro Martinez, riescono a penetrare nella terrazza, sorprendendo l'omicida alle spalle ed uccidendolo con due colpi alla nuca.


Ecco il testo della lettera, scritta metà a macchina e metà a mano, trovata accanto ai cadaveri di mamma e moglie:


"Non so cosa mi spinga a battere a macchina questa lettera ma sento il bisogno di spiegare, se pure in maniera vaga, le mie azioni. Ultimamente non riesco a capire me stesso. Ho sempre pensato di essere un giovane ragionevole ed intelligente, nella media. Tuttavia, nell’ultimo periodo (non so dire con esattezza quando è cominciato) sono stato vittima di pensieri irrazionali. Questi pensieri ricorrono costantemente, non mi fanno concentrare. In marzo i miei genitori hanno divorziato e per me è stato un duro, stavo male. Ho consultato il Dottor Cochrum del centro di salute dell'università, e gli ho chiesto di suggerirmi qualche suo collega per una consulenza sui disordini psichiatrici che pensavo di avere. Ho discusso con lui per circa due ore e gli ho parlato dei miei impulsi violenti. Dopo quell'incontro, però, il medico non mi ha più ricevuto e da allora combatto da solo la mia agitazione mentale, invano. Dopo la mia morte desidero che sia effettuata un'autopsia per verificare se sia presente qualcosa di anomalo e visibile nel mio cervello. Soffro di emicranie fortissime e negli ultimi tre mesi ho consumato due bottiglie di Excedrin.
Dopo molte riflessioni ho deciso uccidere mia moglie, Kathy. Non trovo alcun motivo razionale per questo mio impulso. Forse è egoismo, o forse non voglio metterla in imbarazzo per ciò che ho intenzione di fare. (…) Intendo ucciderla nel modo meno doloroso possibile.
Ucciderò anche mia madre, per motivi simili. Quella povera donna non si è mai goduta la vita. Ha sposato un uomo troppo possessivo. Era giovane, semplice…"
"Mio padre l'ha sempre fatta vivere al di sotto delle sue possibilità e inoltre la picchiava…”
 Se la mia assicurazione sulla vita è valida, verificate che tutti gli assegni a vuoto che ho compilato questa settimana siano compensati. Pagate i miei debiti. (…)
Quello che avanzerà donatelo, in via anonima, a una fondazione per la salute mentale. Forse la ricerca potrà impedire ulteriori tragedie di questo tipo.
Charles J. Whitman".


Incredibilmente viene fuori che Whitman aveva ragione: l’autopsia rivela un tumore grosso come una noce nel sistema limbico, la zona del cervello che controlla le emozioni. Si tratta di un glioblastoma multiforme che si sviluppa nell’emisfero cerebrale destro, partendo dal talamo, infiltrando l’ipotalamo ed estendendosi nel lobo temporale fino a comprimere una struttura molto particolare che prende il nome di amigdala.
L’amigdala è il nucleo che tinge l’esperienza di emozione prima che questa giunga alla corteccia. Ogni cosa di cui ci rendiamo conto è stata prima colorata dall’amigdala in un processo del tutto inconsapevole. Non abbiamo nessun controllo sulle emozioni che sono scatenate da questo nucleo cerebrale. In termini più precisi diremmo che l’interpretazione emotiva precede e influenza quella cognitiva-razionale. In termini più evocativi diremmo che l’animale precede e influenza l’uomo. L’amigdala, in definitiva, è l’organo emozionale che prevarica il lobo prefrontale in cui ha sede la razionalità mettendolo molto spesso a suo servizio.
Gli animali a cui viene resecata l’amigdala perdono ogni impulso a competere o cooperare e non provano più rabbia né paura.
Nell’uomo, la stimolazione elettrica dell’amigdala provoca un forte stato di paura che persiste per molto tempo anche dopo la cessazione dello stimolo e il tumore di Whitman era in una posizione tale da agire come uno stimolatore costante dell’amigdala
Ma allora Charles Whitman è responsabile per ciò che ha fatto? Possiamo considerarlo colpevole sapendo che una causa fisica lo rendeva incessantemente arrabbiato e impaurito? Sapendo che aveva chiesto aiuto, che aveva tentato in tutti i modi di resistere a quegli impulsi?
Un tumore di quel tipo in quella particolare posizione, nella struttura cerebrale di Whitman non poteva che produrre quel comportamento. Il vero assassino, dunque, è un cumulo di cellule neoplastiche senza il quale Whitman avrebbe continuato a essere una persona normale.

E se Whitman fosse solo la punta dell’iceberg? In questo caso non abbiamo troppe difficoltà ad affermare che una causa fisica ha scatenato un comportamento umano perché abbiamo la tecnologia per riconoscere un tumore e sappiamo che tipo di danno può provocare.  Ma non potrebbe darsi che ogni comportamento umano sia determinato da cause fisiche che non siamo ancora in grado di individuare?
Quando decido di prendere un caffè, esercito il mio libero arbitrio o rispondo a una serie di stimolazioni elettromeccaniche sulle quali non ho alcun controllo? Certo, la sensazione è quella di essere parte attiva, mi sento l’autore delle mie azioni, ma se fosse solo un’illusione? In pratica siamo padroni o burattini di noi stessi?

Il caso Whitman non è il solo che testimonia l’infondatezza del concetto filosofico di libero arbitrio (in questo articolo del Post ne sono citati almeno altri quattro); e il tumore non è la sola causa fisica capace di guidare un comportamento umano: ci sono gli psicofarmaci, l’alcol, le droghe ma anche stati d’animo molto forti come l’esasperazione, per esempio.
Negli ultimi decenni i rapidi progressi compiuti nel campo delle scienze cognitive, della neuroradiologia e delle neuroscienze in genere hanno mostrato come le reti stesse su cui “viaggiano” gli impulsi nervosi siano determinate sia dal nostro corredo genetico sia dall'ambiente in cui si sviluppano. Sappiamo inoltre che a ogni regolazione dei livelli di certi neurotrasmettitori, enzimi e ormoni può corrispondere un diverso comportamento umano: è un fenomeno facilmente osservabile, appunto, in caso di assunzione di determinate sostanze come alcolici, stupefacenti e psicofarmaci.

Sam Harris

 In definitiva: non esiste alcun dubbio, nell’elite culturale mondiale, sul fatto che il libero arbitrio sia una nozione fasulla; il dibattito riguarda solo l’opportunità di farlo sapere alla gente o meno. Alcuni sostengono che le persone, private del concetto di responsabilità, tenderebbero a comportarsi in maniera negativa e antisociale; per altri invece non cambierebbe nulla. Per altri ancora sarebbe addirittura meglio e il più accanito sostenitore di questa tesi è il neuroscienziato e scrittore americano Sam Harris. 




E a noi cosa rimane da dire? 
Non abbiamo colpa delle nostre colpe, ma neanche merito dei nostri meriti. 
Siamo solo particelle che reagiscono all'ambiente illudendoci di essere artefici del nostro destino.
L'unica colpa vera di cui potremmo macchiarci è di chiudere gli occhi davanti a questa realtà e l'unico merito che potremmo acquisire è quello di renderci conto di essere gocce in un mare sterminato e bellissimo.



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