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sabato 27 dicembre 2014

La Schiava Dietro La Mola

«Il Signore disse a Mosè: "Ancora una piaga manderò contro l'Egitto, dopo di ché il faraone vi lascerà partire senza condizioni. Verso la metà della notte, morirà ogni primogenito: dal figlio del faraone a quello della schiava che sta dietro la mola e ogni primogenito del bestiame. Un grande grido si alzerà in tutto l'Egitto. Ma contro gli Israeliti neppure un cane abbaierà, né contro uomini, né contro bestie, perché il Signore fa distinzione tra Egitto e Israele... "».

Chiusi la Bibbia e rimasi a fissare gli alunni. Mi ero fermato a metà della frase senza motivo. Forse mi sentivo osservato. In quel silenzio carico di attenzione, con mille occhietti vispi che mi scrutavano, cominciavo a chiedermi se non avessi commesso un errore a leggere quel brano in classe. Già, perché l'avevo scelto? D’accordo, lo prevedeva il programma, è vero; ma è anche vero che ero libero di decidere a seconda dei casi; e infatti, fino allora, avevo sempre iniziato col Sermone Della Montagna. Sì perché il Sermone Della Montagna contiene messaggi chiari, inequivocabili; è perfetto per un primo contatto con nuovi alunni. In prima media, poi, i ragazzi cominciano a sviluppare una certa capacità di giudizio ed è mio compito guidarli; incanalarli nella giusta direzione. Questo si aspettavano i genitori da me. Questo si aspetta la gente da un prete.
Ma allora come mi era saltato in mente di leggere quel brano!
Comunque, ormai il danno era fatto. Non mi rimaneva che uscire da quella situazione nell'unico modo possibile: affrontandola.
«Naturalmente» dissi togliendomi gli occhiali «state pensando alla schiava, non è così?».
Silenzio. Occhi bassi.
Mmh, non avevano il coraggio di parlare. Dopotutto, ero un insegnante: davo voti, esprimevo giudizi e poi c'era il timore reverenziale verso l'abito talare che indossavo. Comprensibile. Allora decisi di forzare un po' la mano.
«Tu!» dissi indicando una ragazzina al primo banco «Elena, vero?».
«Sissignore» disse lei mentre si alzava.
«Elena, dimmi pure quali sono i tuoi dubbi a proposito della schiava».
«A dir la verità, padre, non so di quale schiava stia parlando».
Che brava attrice, pensai. Si guardava intorno con l'aria frastornata di chi casca dalle nuvole. Devo riconoscerlo, era convincente. Ma con me non attaccava. Cercando di non perdere la calma, inforcai gli occhiali e rilessi il passo a voce alta: «... morirà ogni primogenito: dal figlio del faraone a quello della schiava che sta dietro la mola... ».
«Adesso ricordo» fece lei, «ma cosa vuole sapere di preciso?».
«Voglio sapere che dubbi hai a proposito della schiava che sta dietro la mola».
«Nessuno».
«Nessuno, dici». Aveva paura, era naturale. Dovevo essere più incisivo: «Per quale motivo, secondo te, Dio manda le piaghe in Egitto?».
«Per liberare gli ebrei».
«Liberarli da cosa?».
«Dalla schiavitù. Erano schiavi degli egiziani».
«Ma anche la donna dietro la mola è una schiava; eppure sarà colpita dalla piaga, perderà suo figlio».
«Non ci avevo pensato».
«Dunque, qual'è la colpa di quella donna... » la incalzai, «perché viene punita?».
Silenzio.
«Ti ho fatto una domanda».
«Perché non è ebrea» disse infine, «non fa parte di Israele. È egiziana e quindi sarà punita».
«Stai dicendo che Dio è razzista?».
«No! Assolutamente no! Non mi sognerei mai... ».
«Basta con questa sceneggiata!». Dissi battendo la mano sulla cattedra «Dì la verità anzi, ditela tutti la verità! So benissimo cosa state pensando».
Invece di cedere, quei teppistelli cominciarono a parlottare fra loro costringendomi ad alzare le voce: «State pensando che Dio non sia giusto; che è solo dalla parte di Israele, non è forse così?». Non rispondevano quegli insolenti anzi, alcuni avevano abbandonato il posto senza chiedermi il permesso e si erano radunati attorno a Elena fingendo di consolarla.
«Ditelo che quella schiava non ha nessuna colpa. È quello che pensate, no? Allora abbiate il coraggio di ammetterlo invece di nascondervi come topi!».
Un gruppetto si era affollato vicino alla porta e sembrava in procinto di uscire. Per sovrastare il chiasso urlai con tutto il fiato: «Tornate subito ai vostri posti!». Niente. Non avevano il minimo rispetto. Qualcuno fingeva addirittura di piangere. Ero stanco. Capii che era tutto inutile. Mancavano ancora dieci minuti alla fine dell'ora, ma non potevo rimanere in quel covo di serpi perciò riposi la Bibbia nella valigetta e mi avviai verso la porta continuando a urlare: «Siete tutti d'accordo, volete farmi passare per pazzo. Ma ve ne pentirete!».
Uscendo dall'aula mi accorsi che il complotto era più esteso di quanto pensassi perché oltre la porta trovai un secchio d'acqua sporca, certamente messo lì dal bidello con l'intento di farmi cadere. Ovviamente vi inciampai, ma appoggiandomi al muro riuscii a tenermi in piedi. Il clangore del secchio metallico risuonò fra le pareti del corridoio mentre l'acqua putrida si allungava sotto le porte dalle quali qualche insegnante allarmato cominciava a far capolino. Da quel momento, ho solo ricordi confusi: la mia corsa lungo il corridoio e giù per le scale, qualcuno dietro che urlava il mio nome, il preside che mi intimava di fermarmi e braccia possenti che mi costrinsero a terra. Poi, il nulla.

Mi svegliai in un letto d'ospedale con la vaga sensazione di essermi liberato da un peso. La prima cosa che vidi fu l'immagine della Madonna appesa alla parete di fronte: con le braccia distanti dal corpo e i palmi aperti, mi stava invitando, era pronta ad accogliermi. Ma, per motivi che esulano dalla mia comprensione, quella figura, che in altre occasioni mi era stata di immenso conforto, d'un tratto mi apparve estranea. Anzi, mi venne il dubbio che quella bontà quasi ostentata fosse viziata da una certa ipocrisia di fondo. E dunque mi chiesi se non fosse mio dovere morale, in quanto prete, andare oltre l'apparenza e scartare quel pacchetto meravigliosamente addobbato per capire se dentro vi fosse davvero lo splendido regalo che prometteva. "Volere è potere" diceva mia nonna "qualunque cosa tu voglia, la otterrai". E in quel momento, forse per la prima volta in tutta la mia vita, mi accorsi di desiderare la verità: non volevo più essere consolato; non mi andava più di arrampicarmi sugli specchi per giustificare l'ingiustificabile, ero stanco di mortificare me stesso ogni volta che avevo dei dubbi. La verità. Solo quella mi interessava. La verità nuda e cruda.
Con quel nuovo proposito nel cuore, tornai a guardare il quadretto e rimasi di stucco: era cambiato. Al posto della Vergine, c'era adesso un viso a suo modo bellissimo: la pelle era scura; il naso era sì prominente, ma dalle linee morbide; i capelli, organizzati in treccine, si sparpagliavano sulle spalle e gli occhi, contornati di nero, mi fissavano intensi. C'era dolore in quegli occhi: la sofferenza incolmabile di una mamma che perde suo figlio. Sì, era lei: la schiava dietro la mola. Era lì per svegliarmi. Era lì per guarirmi.
E infatti guarii. Guarii totalmente.

«Papà dai leggi la fine, cosa stai aspettando!».
È mio figlio a parlare, il più grande dei tre. Da anni non sono più prete, ho una famiglia adesso. Mi sento libero. Sto bene. Quello che desidero di più, però, è che i miei figli stiano bene. Perciò, ogni tanto, leggo loro la Bibbia. Ma anche il Corano, la Torah, i Sutra buddisti, i Veda induisti, l'Avesta dello zoroastrismo, il Tao-Te-Ching del taoismo, il Siddhanta del gianismo e il Kojiki dello scintoismo. Lo faccio perché capiscano; perché ragionino con la propria testa. A mio modo di vedere, non c'è insegnamento migliore che un genitore possa dare ai suoi figli.
Ogni anno a Natale, ci mettiamo tutti in soggiorno e leggiamo una storia presa a caso da uno di quei libri. Quest'anno è toccato alla Bibbia: le dieci piaghe d'Egitto.
«Dai papà, vogliamo sapere come va a finire».
Sono gli altri due a parlare, i piccolini. Pendono dalle mie labbra. Devo godermeli questi momenti perché so che non dureranno perciò non mi rimane che inforcare gli occhiali e legger loro la fine:

«A mezzanotte il Signore colpì ogni primogenito nella terra d'Egitto, dal primogenito del faraone che siede sul trono fino al primogenito del prigioniero in carcere, e tutti i primogeniti del bestiame. Si alzò il faraone nella notte e con lui i suoi ministri e tutti gli Egiziani. Un grande grido scoppiò in Egitto perché non c'era casa dove non ci fosse un morto!»

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